In passato a Palermo era molto sentita la festa di San Giuseppe e tuttora resta un Santo molto venerato.
Considerato il protettore dei poveri, in questo giorno, si imbandivano le tavole e si invitavano i poveri a banchettare, serviti direttamente dai padroni di casa.
Altra tradizione ancora viva è “U pani ri San Giuseppi” (il pane di San Giuseppe). Alcuni fornai, preparano delle pagnottelle particolari ai semi di finocchio, con un taglio a croce sulla superficie e le portano in chiesa dove vengono benedette e distribuite ai parrocchiani.
La sera della vigilia si fa, invece, ” A vampa i San Giuseppi” (il fuoco di San Giuseppe). Nelle piazze si fanno enormi cataste di tavole, cassette di legno, e vecchie cose da buttare e si bruciano mentre grandi e bambini gridano “Viva San Giuseppe!” Il rito del fuoco, nel significato cristiano, costituisce un’offerta al Santo, ma in realtà, questa usanza affonda le radici nel culto pagano delle culture agricolo-pastorali presenti in passato nel nostro territorio. In particolare era legato ai festeggiamenti dell’equinozio di primavera, il momento in cui la natura si risveglia dopo le lunghe notti invernali e celebrava la fertilità della terra, il ritorno della primavera e della vita.
A tavola, in questo giorno, non può mancare “a pasta ch’i sardi“, uno dei piatti più tipici e caratteristici della cucina palermitana, e per concludere il pranzo le “sfince di san Giuseppe” icona della Festa del giorno.